martedì 21 febbraio 2012

Tira più una farfalla senza mutande



E dopo le tette grosse è il momento della farfalla senza mutande.
E' un periodo di grosse riflessioni direte voi: ebbene sì. Ma tutto questo pensare mi è stato scaturito proprio dal blog, e dall'andamento delle letture della pagine.
Lo scazzo in seconda giornata con mister M. mi ha fatto fare uno share altissimo, dicasi lo stesso per l'amica stronza (il titolo devo dire ha aiutato parecchio, che chissà quanta gente è venuta a leggere pensando di essere citata e invece gli è andata male..).
Ottime recensioni anche per l'esercito delle food blogger, quando l'unione fa la forza, e le persone sono corrette e sincere si vede, sono caduta nello scrigno dei ricordi, che mi ha fatto capire che la gente gradisce meno le letture da piagnisteo.
La dieta invece è un argomento che tira sempre, purtroppo mal comune mezzo gaudio, e noi donne ci cadiamo sempre con i piedi e tutto il resto, basta che qualcuno dica: ho trovato il modo di dimagrire 5 chili in cinque giorni e noi ci crediamo subito, e chiediamo che la formula magica venga condivisa con il resto dell'umanità.
Ma il post più letto udite udite è quello sulle tette grosse, l'avevo detto io che le tette sono una roba seria.
In realtà non è che abbia scoperto chissà che cosa, basta vedere la farfalla di Belen cosa ha scatenato.
Ma siamo sincere: ha fatto proprio bene, ora voglio dire con un fisico come il suo, visto e rivisto in tutte le salse, in bikini, nel sex tape, che ci sarà stato di male a svolazzare la gonna? Io quando avevo 13 anni ero vestita da un non precisato costume di carnevale che aveva il mantello e facevo una recita su un teatrino improvvisato: bè era tutto uno svolazzare, non avevo la farfalla in bella vista, né il fisico dell'argentina, ma quanto mi piaceva tirarlo di qua e di là.
E poi diciamocela tutta: ci fosse stata la Clerici (che non me ne abbia perchè l'adoro, ma ha delle mise che nemmeno nonna papera oserebbe infilarsi) di sicuro non ci sarebbe stata nessuna patata opps farfalla in bella vista, un po' di colore ci vuole.
E poi tutti a parlare delle sue mutande: ce l'avrà avute? Non ce le avrà avute? C'aveva un modello che si chiama string che sembra che non ce l'hai apposta e invece ce l'hai, e c'è chi non c'ha dormito la notte (come KEKKKO dei Modà che oltre a pensare all'sms di ringraziamenti mancati da parte di Emma, sicuramente avrà riflettuto anche sull'esistenza o meno delle mutande argentine).
Ma ora lo vogliamo dire o non lo vogliamo dire: E STI CAZZIIIIIIIIII, tanto Belen gnocca è e gnocca rimane.
Però per far fare il picco delle letture anche oggi ci voleva un titolo azzeccato.
Ps. vi ho mai detto che ho un baco tenia tatuato in un posto segretizzimo???? seguitemi e scopriremo dove nelle prossime puntate...solo su RIEDUCATIONAL BLOGGER.
Irene Vella

lunedì 20 febbraio 2012

Ho le tette grosse




Ho le tette grosse, ingombranti e crescendo sono peggiorate, godono di vita propria, se gli lascio le chiavi di casa sono certa tornerebbero anche da sole. Quando ero piccola (tutti mi scherzavano per le dimensioni...Elio semper) erano ancora decenti, una terza, entravano nella famosa coppa di champagne, adesso ci potrei tranquillamente riempire un boccale di birra e forse avanzerebbe pure qualcosa. E volete mettere quanto è fashion una coppetta di bollicine e quanto poco aggraziato mi risulti un boccale di birra?
Ora io so che fare un post sulle tette può dare adito al pubblico ludibrio, ma qui lo dico e qui lo nego “le tette sono una cosa seria” , chiedetelo anche ad Alessia Marcuzzi, gran donna con gran testa e grandi tette, lei se le è ridotte già una volta, ma per problemi ghiandolari le sono ricresciute.
Questo è uno dei motivi per cui non le ridurrò, tanto poi ricrescono..vedete che ho ragione quando dico che godono di vita propria?
E quando dico questa cosa il primo ad opporsi è il mio adorato maritino, che invece gradisce molto l'accrescimento naturale, ma in quanto uomo non può capire cosa voglia dire portarsi dietro tipo un cinque chili di roba.
Ma pensate solo al fatto che togliendosene una parte, già la bilancia potrebbe darvi delle grosse soddisfazioni, il giorno prima 65 chili il giorno dopo 60 senza aver rinunciato a cappuccino e brioche.
Voi avete visto come corrono le donne superdotate di big boobs (così per non fare ripetizioni ecco...)? Io una volta mi sono fatta riprendere con il telefonino...sembravo un piccolo leone marino sbilanciato in avanti, già non sono di per sé quel che si dice un astro nascente della corsa, lo gnomo mi fa la parodia prima o poi riprendo lui e lo metto su ytube secondo me facciamo il picco d'ascolti.
E poi avete mai visto come sono brutti i reggiseni contenitivi per lo sport?O i reggiseni oltre la quinta? ARGHHHH attentato sono quello che di più brutto e antiestetico ci possa essere sulla faccia della terra.
Innanzitutto non li puoi mica comprare in un negozio di intimo normale, che ne so Yamamay, eh no, perchè le tette dalla quinta in su sono considerate fuori serie e quindi le trovi fuori negozio, e sapete dove???Alla SANITARIAAAAA.
Ma quanto fa vecchio? Sentite come suona male. “Ciao Irene che fai?” “Sono andata a fare shopping mi dovevo comprare l'intimo nuovo..” “Ah e dove sei andata di bello?” “Alla SANITARIAAAAA...”.
Orrore manco fossi malata, allora propongo una cosa, ma visto che spuntano negozi nuovi come funghi percè non fare un “Big Boobs Shop?”, con i modelli per la Smart ma anche per la Multipla? E soprattutto con lo stesso prezzo, e non mi si venga a dire che dalla quinta in su costano di più perchè c'è più stoffa, perchè allora pretendo che i perizomi costino un euro visto che al posto del parachiappe c'è un filo.
Tzè.
Irene Vella

venerdì 17 febbraio 2012

La moglie dell'allenatore

Sono la moglie dell'allenatore, nel momento in cui tutte puntano sulla gnocchitudine, io punto sulla simpatia.
Ci sono le wags dell'inter, quelle del Milan, le dirigenti, le figlie di, le amanti di, e poi ci sono quelle come me, mogli di un allenatore, certo, ma devi sempre specificare di Calcio a 5 in serie A.
e tutti ti rispondo in coro " ahhhh il calcetto...." no "calcio a 5......" "beata te chissà come guadagna bene con il calcio" e tu rispondi "sti cazzi, una cosa è il calcio, una cosa è il calcio a 5...."
Tra una Posh bionda, mora, rossa e una Alena super gnocca in intimo, gioco l'asso: tutona Arimo antistupro anno 1999.
Tu ti metti in bikini perizomato? ti rispondo con una pasta al forno con ragù fatto in casa, besciamella homenade (perdonate l'inglese era per non fare una ripetizione) e mozzarella di bufala campana.
Tu esci con le Manolo ? io ti rifilo una crema al mascarpone con le chiare montate a neve così dure che manco se rovesci il recipiente cadono.
E se ti ostini a sventolarmi la tua terza rifatta con il push-up io ti seppellisco con una quinta nature che solo una sana menopausa precoce ti può donare.
Ma bando alle ciance, noi siamo quelle che per otto mesi l'anno vivono da sole, partono la mattina alle 6,50 e via pedalare, sveglia colazione lava vesti cartelle pronte capelli profumo e via verso l'infinito e oltre con la tua super agilina grigia metallizzata, che non ha nemmeno bisogno del navigatore, va da sola: Bagnarola-Sant'Egidio-Villa Chiaviche- Bagnarola-Cesenatico e altro giro altra corsa.
Siamo quelle che il sabato stanno al telefono o al pc sperando che il marito vinca, primo perchè sono tifose, secondo perchè sennò sai la domenica che rotture di coioniiii..e non gli passa fino al sabato successivo.
Siamo quelle che quando vanno a vedere le partite del marito insultano in ordine :arbitro, giocatori, allenatori della squadra avversaria, e il figlio gnomo ripete alla perfezione tutta la tipologia dei vari epiteti nei momenti meno opportuni (leggi li ripete alla maestra.)
Siamo quelle che se qualcuno ti tocca il marito su qualche forum finchè non hanno fatto una strage con bombe al napal non cucinano nemmeno.
Siamo quelle che ascoltano le altre mamme parlare delle loro sveltine mattutine o delle cene in compagnia con un pò di sana invidia, ma che godono come pazze il lunedì sera quando alle prime tocca la champions e a loro nel lettone messe di traverso con in una mano il gelato e nell'altra il telecomando tocca Greys Anatomy, Privacte Practice e l'ennesima replica di Sex and the city.
Siamo quelle che a volte tornano a casa sfinite con i figli dopo calcio-pallavolo-musica e cenano con caffèlatte e biscotti.
Siamo quelle che se il marito vince il campionato piangono tutto il pomeriggio e ogni volta che sentono la registrazione della partita quando il telecronista urla "serie AAAAAAAAAAA" è come se lo sentissero la prima volta.
Siamo quelle che hanno smesso di fumare ma alle Final Eight fumano anche nel palazzetto.
Siamo quelle che quando finisce il campionato passano una settimana di sesso sfrenato con il marito sotto le coperte, e la settimana successiva si tirano i piatti sulla lista della spesa.
Siamo quelle che "appena torni mi metto a dieta", e quando torna " appena riparti mi metto a dieta."
La nostra settimana non ha sette giorni, ma solo un giorno: la domenica.
Siamo quelle che al telefono con il marito si sentono dire " sono stanco" e tu accenni "anche io guarda" e lui ti dice " sì ma almeno tu non sei da sola." hai ragione nel lettone siamo in tre a volte anche in cinque se Ivo e Marghe vengono a trovarci, e a volte non sai neanche di chi è quel piede che stai ciucciando, quindi scusa."
Siamo quelle che quando il marito fa la valigia ti si stringe lo stomaco, quando ritorna con la valigia ti viene il voltastomaco.
Siamo quelle che d'estate vanno al mare in 4 ma si ritrovano in 3, mentre il marito cammina sul bagnasciuga avanti e indietro parlando al telefono con gli altri amici allenatori.
Siamo quelle che se il marito perde hanno perso, se il marito vince hanno vinto.
Siamo quelle che aspettano le Final Eight come altre aspettano la Fashion week milanese.
Siamo quelle che parlano tra di loro iniziando la conversazione sulla bravura di quel calciatore, e finiscono stilando una lista di quelli più gnocchi in assoluto del campionato.
Siamo le mogli di, le mamma di, le compagne di, le sorelle di...tranne una.
Quella che urla più forte di tutti, quella che ha litigato con tutti i forum, quella che divide le squadre in base alle simpatie, che adora gli uffici stampa al femminile, e non sopporta quelli al maschile e maschilisti, tranne uno, l'amico nostro Mimmo.
Quella che se c'è da fare a botte o da scatenare una rissa non si tira indietro, lancia il sasso e poi si lancia nella mischia, tanto qualcuno mi prenderà.
Il mio nome è Iena, oppure Decimo Massimo.
Salve sono la moglie di Mister Pagana.

giovedì 16 febbraio 2012

Se la bilancia sorride il mondo mi sorride



Dov’è la faccina che sorride?dov’è l’omino che fa la ola? Stamani mi sono pesata (lo so che non si dovrebbe fare, i dietologi raccomandano una sola volta alla settimana), avevo bisogno di conferme: ebbene stamani ero......( manco sotto tortura lo scrivo..:) ben 600 gr meno di ieri, significa che sono sulla strada giusta.
Dai amiche che due mesi passano in fretta, ieri ho riguardato le foto dei miei vent’anni, e ho deciso che questo sarà il mio regalo per i miei primi quarant’anni, (antadueeee....) un fisico tonico, asciutto e a prova di sguardi.
Quelli delle “care” personcine che ti chiedono con fare indifferente: “ Irene ma quando torni dal dietologo?”, ma che andassero tutte a quel paese ecco!
Io alle fine di questi sessanta giorni sarò bellissima, magra, con un nuovo look ( questo è il regalo che mi farò se raggiungerò il peso prestabilito), e un buono da spendere in pasticceria, e certo, dopo millequattrocentoquaranta ore di lontananza da uno dei miei luoghi preferiti, mi butterò a peso morto su un bel vassoio di pastarelle.
No no no, questo è quello che farebbe la vecchia Irene, la nuova prenderà tre o quattro pasticcini mignon, nutella, nocciola, crema, o mamma mi viene la bavetta, insomma non ci voglio pensare, e non ho ancora fatto la foto del prima: mi devo sbrigare altrimenti dimagrisco troppo e poi non si vedrà la differenza.
Stamani ho fatto colazione, sempre il solito caffèlatte poi ho mangiato una fetta biscottata con la marmellata, un cucchiaio di cereali, e due biscotti magri, così mi sembra di aver mangiato di più.
In realtà, adesso sono passate tre ore, e devo andare di sotto a mangiare qualcosa perché la mia pancia brontola, e altrimenti non connetto più, ma niente schifezze, non voglio mica diventare tutta ciccia e brufoli (mai avuti i brufoli nemmeno a quindici anni).
Quindi dovrò scegliere: o una banana, o uno yogurt, o un caffè con due biscotti, mi lascerò guidare dalla fame, vediamo cosa sceglie.
Ho fatto un mix, un bicchiere di succo d’arancia, due biscottini, e un pezzetto di banana, adesso mi metto a fare le pulizie, io odio farle, mi distraggo con tutto, non ho il metodo, e una casa a tre piani non aiuta.
In pratica in mansarda ci sono le camere, io comincio da lì, mi metto a rifare i letti, poi mi viene in mente che in soggiorno ci sono i vestiti da piegare, quindi lascio i letti a metà e scendo, nel mentre mi ricordo che al piano terra ho fatto una lavatrice, insomma un disastro.
Allora per distrarmi decido di fare il pane nero, farina, olio, sale, acqua tiepida, e metto le pani in pasta, e poi maneggio, e poi metto in forno a lievitare, che bello è già mezzogiorno, oggi per pranzo ho fettuccine integrali con fricò romagnolo (zucchine melanzane e peperoni in forno), in dieci minuti riesco a cucinare, mangiare e sparecchiare: oggi ho fatto il record.
Dopo pranzo mi letto a navigare su internet e trovo un’interessante dibattito, icone sovrappeso: vengono citate Monica Bellucci, Maria Carey, Leticia Casta, no ma dico ma stiamo scherzando? Avranno una 42 e sono in sovrappeso?allora io mi devo buttare nel cesso, e pensare che fino ai 27 anni ho fatto la modella cubista, adesso posso fare il cubo, un bel cubo, ma sempre cubo.
Cavolo non ho fatto la foto: domani giuro che me la faccio, è che quando sono in questa fase non riesco nemmeno a guardarmi, io non so voi, ma questi chili in più mi distruggono l’autostima, arrivo a dirittura ad inventarmi le peggio scuse per non guardarmi nuda allo specchio.
Sapete come faccio?mi spoglio, rimango in mutandine e reggiseno, e mi lavo con gli occhi chiusi, non sono mica tanto sana vero?quando smetto di pesarmi con la bilancia mi peso con gli occhi, e mi racconto le peggio bugie: che è lo specchio che ingrassa, che in realtà sono formosa e non tonda.
Poi arriva mio figlio, lo gnomo, cinquenne che mi guarda, mi tocca e mi dice beato: “mamma come sei tutta tonda e morbida!” appunto..però mi è andata pure bene, considerato che sabato mattina, dal parrucchiere, mentre stavo aspettando di finire la mia piega, il signorino, vicino a me, mi guarda, poi guarda la signora davanti, poi mi riguarda e con voce angelica mi chiede: “mamma ma perché questa signora è così brutta?”.
Ecco non vi dico di che colore sono diventata, ho pregato solo che il santo phon nelle abili mani di Enrico avesse attutito la voce angelica e la domanda inopportuna di mio figlio: io naturalmente ho fatto la vaga, anzi ho fatto proprio finta che non fosse mio figlio.

mercoledì 15 febbraio 2012

Lo scrigno dei ricordi




Mia figlia ha dieci anni, ma è una donnina in miniatura, a volte è più grande di me, sarà stata la malattia del papà, la paura di perderlo, a volte ha delle uscite che mi fanno impazzire, l'altro giorno mentre discutevo con suo padre lei lo ha rimproverato seria dicendo : " babbo ma tu non puoi fare così con noi donne..noi abbiamo gli ormoni ...." ecco vi ho già detto tutto..Ma perchè ho iniziato così questa nota?perchè stamani dopo anni, mesi, che ci penso, sono andata nel sottotetto ad aprire gli scatoloni dei vestiti dei miei bimbi, quelli che avevo messo da parte per il mio terzo bambino, quello che non ci sarà mai più proprio per colpa dei miei maledetti ormoni.
Si può piangere guardando una gonna di Moschino di sangallo bianca con una cinturina rossa di raso in vita? Io sì perchè dentro ci vedo la mia piccola a due anni, con la sua canottierina bianca, e le sue adidas di pelle rossa, correre su e giù al matrimonio di una mia carissima amica, quella che avevo messo via e da cui non riesco a staccarmi, perchè pensavo di rivederla un giorno indossata dalla mia ultima figlia, quella che invece non ci sarà mai più.
Ho pianto sulla gonna dance di Dolce e Gabbana, c'è una foto di lei con una gallina del nonno in mano vestita proprio così, con i suoi lunghi boccoli castani a incorniciare un sorriso spaccacuori.
Ho preso i vestiti del mio cucciolo li ho annusati e ho pianto (giuro non puzzavano..), ho visto il bomber nero comprato a Gabriele quando era ancora nella mia pancia, ma io non potevo non prenderlo era l'ultimo, in saldo, taglia due anni, ma era uno spettacolo, visto preso, mentre mi accarezzavo il pancione.
C'è chi nasce donna in carriera, e chi nasce mamma nel cuore, e lo scopre solo da grande, quando ad ogni sorriso di bambino sente sciogliersi il cuore, quando vorrebbe che tutti i bambini fossero felici, e non soffrissero mai.
Sono una mamma Koala, il momento più bello della mia giornata? La sera quando dopo tutte le fatiche mi metto i miei due tesori nel lettone, io mi metto nel mezzo, li abbraccio forte, e penso che vorrei che rimanessero sempre così, che nessuno li facesse soffrire mai.
Cantiamo le canzoni insieme, se ci fa voglia ci prendiamo a cuscinate, adoro vedere i loro sorrisi, adoro ridere con loro.
E poi guardo la culla con il velo messa via, perchè non si sa mai, e poi vado a cercare i vestiti premaman, nascosti sotto tutti gli altri per non averli sotto lo sguardo, e penso che non me frega un cazzo dei chili presi, e che adesso pagherei oro per prenderne nuovamente 25 . (sono sicura che ci riuscirei benissimo :)
Perchè il tempo vola, non torna indietro, e l'unica cosa che lasciamo di noi in questa vita sono i nostri figli, e per me non sono mai abbastanza.
E penso che non me frega niente di rinunciare alle serate fuori, alle nottate in discoteca, perchè nulla vale come una corsa alla mattina presto dei miei bimbi quando mi vengono a svegliare, o come un incursione notturna dello gnomo, che ormai ovunque sia, mette il pilota automatico, e solo annusando l'aria riesce a ritrovare la sua mamma, a infilare sotto le coperte con lei, a mettere le sue manine intorno al suo collo, e ad abbracciarla forte.
E proprio adesso che potrei assaporare la libertà, vorrei solo un altro piccolo tiranno da annusare, da cui farmi comandare dolcemente, a cui cantare le canzoni di Jovanotti durante la notte, mentre il babbo guarda le regate di Luna Rossa che vanno in onda alle 4 ..
Mi manca un batuffolo a cui mettere le adidas taglia 18, a cui passare il piagiama dell'Arimo che abbiamo tutti uguali, che prima è stato della Dona, dopo di Gabriele, e adesso giace nello scrigno dei ricordi, che solo a guardarlo da lontano mi viene il magone.
.Ma adesso basta vi ho ammorbato abbastanza, e non mi va, ma sapete come dice la mia bambola, mi dovete capire, ho gli ormoni, sono una donna.
anzi sono una mamma. 
Irene Vella

martedì 14 febbraio 2012

Da lunedì mi metto a dieta


Salve amiche e compagne di sventura, se avete deciso di leggere questo post probabilmente vi ritroverete molto nel titolo dato..da lunedì mi metto a dieta..(di sicuro, aggiungo io..)
Ecco questo potrebbe essere il leit motive della mia settimana, (o della mia vita?) alterno momenti di profonda convinzione alla dieta, che poi si vanno subito ad infrangere dopo aver aperto la dispensa o aver visto le M&M’s adorate (le arachidi ricoperte di cioccolato) far capolino dal loro contenitore apposito, a momenti di volontà zero.
Allora oggi mentre riflettevo ad alta voce con una mia amica su questa mia dipendenza dal cibo-schifezza (apro parentesi: ma schifezza per chi?e soprattutto perché?), cercando di razionalizzare questo mio bisogno-desiderio-amore verso il cibo dolce, ho cercato di dare anche una spiegazione psicologica.
Quando ero piccola ho sofferto di acetone, ho rischiato di brutto, mi venne un attacco fortissimo, ero a Siracusa, i miei si spaventarono, quasi una settimana senza riuscire a toccare cibo solido, la morale, o meglio, la sentenza, fu mai più dolci fino all’adolescenza.
Ecco voi potete immaginare una bambina, il cui soprannome era nonna osso, olivia, quando riusciva ad entrare nelle cucine, anzi nelle dispense delle cucine dei propri coetanei?
Mi sembrava di stare a Disneyland: nesquick, nutella, biscotti, merendine..ecco forse ho trovato il motivo, fu il primo trauma infantile (vero papà?)
Mi ricordo ancora che la merenda alla scuola materna era un incubo, tutti avevano tripudi di cioccolata, io un misero pezzettino di schiaccia, ma dal momento che già a cinque anni facevo di necessità virtù, una mattina chiesi alla mia nonna di farmi andare da sola nel negozio della “vendaia”, alias l’alimentari.
Dall’alto dei miei furbi cinque anni chiesi di darmi una fiesta, sapevo che costava uguale, ma mi assicurai che me la “rincartasse” con la carta della schiaccia, quella del pane per intenderci.
La nonna non si accorse di nulla , e io sul pullman alla seconda fermata, l’avevo già fatta fuori.
Ps. Mentre sto scrivendo la mia pancia fa gluglu, ma la mia testa mi dice di resistere, e di pensare alla colazione di domani mattina (e sai che goduria, domani mi tocca il caffèlatte e tre fette biscottate contro una bella brioshe magari ripiena di nutella, va bè sto divagando..) siate con me, e non contro di me
L’unione fa la forza, e la forza distrugge le calorie, e mente sana in corpo sano, devo concentrarmi su quel meraviglioso tubino nero che mi sono provata oggi, non mi si chiudeva la lampo, proprio come certe reclami di prodotti dietetici..
 
Care amiche siamo al primo giorno, e chissà perché sto pensando a tutte le cose che non posso mangiare, anche per voi è così? Sono arrivata alla conclusione che tutte le cose buone della vita, o fanno male o fanno ingrassare, allora dobbiamo trovare un rimedio.
La mia amica Francesca mi ha detto che quando ho voglia di dolce devo mangiare una mela, che contiene lo zucchero buono, e gonfia, il problema è che sarà pure buono lo zucchero, ma lo vogliamo paragonare con una bella tazzina di caffè caldo con un po’ di cioccolata, con una spruzzatina di panna, le nocciole tritate sopra e la nutella spalmata sui lati interni?
Dicesi caffè imperiale, ecco anche questa è una ricetta da provare alla fine della dieta, poi mi farete sapere com’è, adesso devo ripetere questo mantra: lo yogurt bianco è buono, è sano, e tiene i chili lontano.
nb. quella in foto sono io quando avevo 21 anni...sembra facileeeeeeeeeee

lunedì 13 febbraio 2012

Quando la figlia ha capito tutto e la mamma ancora no


Eccoci arrivati al punto, ok Houston abbiamo avuto un problema, ma lo abbiamo risolto, alla fine 420 euro per il sonno dei giusti è un prezzo più che accettabile, mia figlia ha una schiera di amici immaginari, ma me li ha anche presentati, quindi siamo a posto.
La sua deliziosa amica del cuore , con la sua dolcezza ed il suo affetto, è riuscita a scaldare il cuore della mia bambina, con la sua fermezza e simpatia è riuscita anche a trascinarla per i corridoi della scuola media durante la ricreazione, a salutare le varie amichette :)
Si è fatta la prima ceretta, mi ha chiesto di comprarle il foulard a quadri (piccole Kefie crescono:), la mattina si fa truccare leggerissimamente, la prossima settimana si va a fare i buchi nelle orecchie e udite udite la carnefice (forse non è così stronza è solo piccina e insicura,cappero vai a vedere che alla fine gli psicopedagisti c'avevano ragione) l'ha invitata alla sua festa di compleanno (timeo Danaos et dona ferentes).
Però memore della festa di compleanno della mia amica stronza delle elementari, la manderò armata quanto meno di fionda, al massimo se le cose si mettono male, può sempre far saltare qualche pezzo di torta per aria.
E invece no, magari la sua pazienza ha potuto più della mia “ansia” da prestazione, la sua dolcezza ha potuto più dei miei calci in culo, il suo vaso ha raccolto il giusto, e non è nemmeno esploso, vai a vedere che il problema Houston ce l'ho solo io adesso.
Effettivamente ora che ci penso, tre settimane fa sono andata a prenderla all'uscita da scuola insieme al suo fidanzatino, e ho fatto le boccacce ad una sua compagna di scuola dodicenne, alla quale so che piace.
L'anno prima mi ero messa a litigare nel cortile di scuola con un gruppetto di tredicenni perchè ascoltavano le mie telefonate (sarà perchè urlavo?), e il tutto è finito con un sasso tirato sulla mia piccola povera e anziana super Agila.
Sarà mica questo il problema? Io sto crescendo e lei pure, ma il mio spirito è rimasto ai vent'anni, il corpo no, per favore li avvertite di andare d'accordo? Esci da questo corpo Irene delle scuole medie, non sei tu che vai a scuola, non è la tua amica stronza, è la sua, adesso che lei ha risolto, ed è stata più brava di te, continua a raccontare le tue di disavventure, forse arriveremo a capire perchè sono accadute.

Irene Vella

domenica 12 febbraio 2012

Credevo fosse un'amica invece era una stronza



E una bella sera, così come un fulmine a ciel sereno, dopo anni di sonno imperturbabile, a parte qualche incursione gnomesca (traduci Gabriele) dotato di pilota automatico nel nostro letto, accade quello che i bravi psicopedagogisti dicono che accada quando c'è qualcosa che non va nel bambino: mia figlia non vuole dormire più da sola, è terrorizzata dal buio, dice che non vuole chiudere gli occhi perchè vede tutto nero, e tu cerchi di minimizzare rispondendole : “ per forza amore è notte”.
Ma lei si trasforma, sembra Regan, la bambina indemoniata dell'esorcista, che scopri con orrore avere proprio dodici anni quando interpretò il film, indietreggia mentre io e suo padre ci avviciniamo e con due parole ci sistema per tutta l'estate “ vai via tu mostro (al padre) e pure tu (madre, io) tantro lo so che mi vuoi abbandonare sull'autostrada.”
Sdeng Sdeng e triplo sdeng, io e Luigi ci guardiamo avviliti, stremati, preoccupati, mentre lo gnomo in tutto ciò se ne dorme beato nella parte sottostante del letto a castello.
Cominciano consultazioni su internet, richieste d'aiuto ad amiche psicologhe, letture sul tema genitori e figli e adolescenti, e la realtà è che ognuno dice la sua, chi suggerisce di farla dormire con noi, chi di farla addormentare nel suo letto standole vicino, chi dice di provarci con le buone, chi di essere fermi e alleati nella decisione, insomma un casino.
Noi genitori che al primo pianto dei figli li abbiamo fatti dormire in stile koala nel lettone, noi che ci hanno regalato il libro “Fate la nanna” metodo Estivill e dopo la prima sera, al pianto più lungo di 5 minuti abbiamo sentenziato che di sicuro sto benedetto uomo o non c'aveva avuto figli, o aveva avuto dei vicini sordi , o semplicemente si era messo dei grossi tappi negli orecchi, e lo abbiamo riciclato come regalo indesiderato.
Abbiamo passato un estate in camper a fare la ninna nanna alla figlia, a coccolarla, poi stremati dalle continue incursioni notturne, ci siamo decisi a richiedere l'aiuto di uno specialista: la psicopedagogista, che in sei sedute, più una omaggio, due con me, tre con la bimba, una con entrambi i genitori, e l'ultima di saluti con lei, per la modica cifra di 420 euro è riuscita dove noi avevamo fallito.
La risposta in sintesi è stata: sì effettivamente Houston abbiamo un problema, in particolare con una compagna di scuola ( no ma va?), ma la bimba è molto intelligente ( lo sapevamo), buona (lo sapevamo 2) e quando sarà pronta esploderà (lo sapevamo 3 la vendetta.)
Cosa le avrà detto mai per farla riniziare a dormire? Non ci è dato sapere, perchè lei (la pedagogista) non ce l'ha detto, la figlia ha sentenziato se lo vuoi sapere lo devi chiedere a lei, insomma il finale è che la mia stella ha ricominciato a dormire da sola, con qualche coccola più lunga, qualche escabotage, ma soprattutto con il letto pieno di amici immaginari, che a quanto pare, aiuta.
Ma la cosa più bella è stata durante una delle mie sedute, in singola, quando raccontandole dei vari screzi subiti da mia figlia la pedagogista mi ha detto che non dovevo chiedere a lei perchè non reagisse, ma informarmi sul suo stato d'animo al momento dell'accaduto.
E così dopo un mesetto dalla terapia, Dodò esce da scuola e mi dice che la piccola infame l'ha presa in giro nello spogliatoio delle femmine, e io subito con il sangue al cervello ho alzato la voce esplodendo con un “ Dona ma perchè cazzz.....non le rispondi..ma io non lo so...” poi ho ripensato alle parole della psico, ho cambiato tono e le ho chiesto “ e dimmi amore tu come ti sei sentita quando lei ha detto questo?” mia figlia mi ha guardato chiededomi “mamma ti senti bene?perchè parli così? stai tranquilla quando il vaso sarà colmo io esploderò..” e la mia risposta è stata naturalmente montessoriana “ ma quanto cazzo è profondo sto vaso Dona? E soprattutto sei sicura che ce l'abbia un fondo?”.
Irene Vella

sabato 11 febbraio 2012

Io se metto al mondo un figlio lo faccio alle 5,42


Testimonianza per il congresso nazionale degli infermieri dei reparti dialisi.


Buongiorno a tutti, mi chiamo Irene Vella, sono giornalista, ho 41 anni,  un marito, due figli, due cani, e un rene all'attivo, l'altro l'ho donato a Luigi (il marito per l'appunto) il 6 febbraio 2003, quest'anno abbiamo festeggiato il nostro nono anno di condivisione e di rinascita. (il 6 febbraio 2012)

Sì perchè dal 2003 noi festeggiamo due compleanni, quello nostra nascita e quello della rinascita della nostra famiglia, allietata dopo solo un anno, dall'arrivo di Gabriele, soprannominato ormai da tutti “lo gnomo”, il primo bambino nato in Italia da madre donatrice, dopo solo un anno e un mese dal trapianto.
Ringrazio in primis l'infermiera Patrizia Galeotti, dell'ospedale di Viterbo, colei che con tanto amore e cura si occupa dei pazienti dializzati in lista d'attesa, per aver fortemente voluto la mia partecipazione a questo congresso, ed io sono veramente onorata di poter condividere con voi la mia meravigliosa esperienza.
Il giorno che ho scoperto che Luigi era in insufficienza renale me lo ricordo bene, avevamo entrambi 29 anni, eravamo sposati da sei mesi e la nostra prima figlia era stata battezzata due giorni prima, aveva poco più di due mesi.
Luigi aveva da circa un mese dei forti mal di testa, scoprimmo successivamente dovuti alla pressione alta, e diceva di non vedere bene in alcuni momenti, ragion per cui gli avevo preso un appuntamento con l'oculista, che dopo avergli misurato la pressione e aver riscontrato 150 di minima e 200 di massima, lo aveva spedito all'ospedale.
Da lì mi telefonò Luigi, io stavo allattando al seno la mia piccolina, mi disse che era in ospedale, che lo avevano ricoverato, e che non sapeva per quanto lo avrebbero trattenuto, di portargli qualcosa per il cambio.....
Da qui vado a memoria. Mi ricordo che riattaccai il telefono come un automa, telefonai ai miei genitori, che stanno a Follonica, ad un centinaio di km da Pisa, per tenere la bambina e poi arrivai in ospedale.
Percorsi quei corridoi lunghissimi, attraversai quelle stanzone così grandi e poi lo vidi: lui che è sempre stato un gigante, sembrava piccolissimo, seduto su quel letto bianco, gli corsi incontro e lo abbracciai forte come a impedire che qualcuno o qualcosa potesse portarmelo via.
Quindi cominciò la processione dei dottori e il susseguirsi delle analisi.
Per la prima volta nella mia vita, cominciai a sentir parlare di azotemia e creatinina, non sapevo assolutamente cosa fossero, ma nel giro di pochi giorni diventai un’esperta: erano i valori che ti mettono a conoscenza della funzionalità renale. I reni di Luigi non andavano più bene.
Ricordo che, durante il viaggio dall’ospedale a casa, continuavo a ripetermi che, una volta che Luigi fosse tornato da me, sotto le mie cure, tutto sarebbe tornato come prima: che illusa che ero, niente
sarebbe stato più come prima.
All’improvviso era come se quella malattia si manifestasse in tutta la sua gravità: vedevo Luigi dimagrito, ogni mattina ed ogni sera bisognava misurare la pressione e poi i controlli in ospedale: la nostra vita cambiò radicalmente, il mese veniva scandito dalle visite di controllo all’ambulatorio e dalle analisi, ogni volta che ritiravamo quel foglietto mi assaliva la paura, la paura che la creatinina salisse e che Luigi si dovesse ricoverare.
Non si può spiegare bene a chi non lo ha provato che cosa significa quando all’improvviso non sei più tu il padrone della tua vita, ma un valore delle tue analisi, è come se tu non avessi più la possibilità di prendere alcuna decisione, è la malattia che decide per te.
Fu nel 2000 ad una visita di controllo che sentii per la prima volta la parola “Donazione da vivente”, e lì io ebbi la mia illuminazione, c'era il problema e c'era la soluzione, ma non avevo fatto i conti con la testardaggine di mio marito.
Potrei dilungarmi ore a descrivere nei minimi particolari quanto possa essere cattiva e subdola una malattia degenerativa di questa entità. Vi posso dire che è come essere sull’orlo di un precipizio ed avere qualcuno, impalpabile e invisibile, che da dietro, piano ma inesorabilemente, ti
spinge verso il vuoto, e tu non riesci a calcolare la forza della spinta e la quantità dello spazio che ti separa dalla caduta; è una sensazione terribile il non sapere quando cadrai ma sapere con certezza che succederà.
Accadde una mattina di aprile, mi ricordo che andai a ritirare le analisi di Luigi da sola e l’infermiera del distretto, che mi conosceva, mi disse ancora prima di averle in mano che la situazione era peggiorata e che la creatinina era salita; mi ricordo che presi le analisi, andai in macchina e mi misi a piangere come una disperata; ancora una volta ce l’avevo con il mondo intero, non riuscivo a capire perché stesse succedendo proprio a me, non riuscivo a capire il perché di tutto il dolore che stavo provando, ma non c’è mai un perché ai dolori della vita, succede, e le uniche cose che puoi fare sono due: o arrenderti o tirare fuori le unghie e combattere.
Presi la decisione di non soccombere al dolore ma di lottare per la bambina, per Luigi, per me.
L’amore che avevo dentro mi avrebbe aiutato a superare quei brutti momenti, ma non è mai stato facile.
Quando la creatinina comincia a salire è una salita senza ritorno.
Ancora oggi, quando a Luigi chiedono che cosa alla fine lo abbia convinto ad accettare il mio rene, lui risponde che, dopo tre anni di insistenze, aveva capito che per me sarebbe stato molto peggio vederlo in dialisi piuttosto che rimanere con un rene solo; ma la frase “facciamo il trapianto” dalla sua bocca non uscì mai, fu un silenzio assenso.
All’ennesima richiesta della dottoressa Paleologo su quale fosse la nostra ultima decisione, Luigi stette zitto e io esclamai con tutta la mia voce: “siamo pronti, cominciamo le analisi”.
E arriviamo finalmente a quel fatidico giorno: lunedì 3 febbraio. Eravamo in casa. La nostra bimba era all’asilo. Erano le dieci circa ed il telefono squillò. Eravamo sul letto ed io guardai Luigi perché quel suono era diverso da tutti gli altri, ma non ebbi il coraggio di rispondere e feci rispondere lui: era la dottoressa che ci chiamava e ci comunicava di ricoverarci in ospedale; era pronta una stanza per noi.
Quando senti dire da altri “in quel momento mi è passata davanti tutta la mia vita”, magari fai un sorrisetto di circostanza... Ma è proprio quello che successe una volta riattaccato il telefono, è come se con un colonna sonora di sottofondo rivivessi tutti i momenti salienti della mia vita: l’incontro con Luigi, la scoperta dell’attesa, il matrimonio, la nascita di Donatella e la malattia di Luigi e poi, come per incanto, la possibilità di una nuova vita.
Non è retorica ma per me entrare là dentro è stata come la realizzazione di un sogno, poter finalmente liberare mio marito dalla schiavitù della dialisi era il più bel regalo di san Valentino che ci potessimo fare.
L’unica volta in cui ho avuto un piccolo cedimento, è stata la sera prima dell'intervento, i miei decisero di portare la mia bambina a salutarmi, e io dopo essere scesa giù nell’atrio dell’ospedale, l’ho vista così piccola e indifesa nel suo cappottino, con quell’espressione interrogativa nel suo visino, come a domandarsi perché la mamma fosse in quel posto. Allora tutte le responsabilità di mamma mi sono piombate addosso. E se qualcosa fosse andato storto? E se non avessi fatto la scelta giusta? Ma poi, cercando di soffocare le lacrime, mi sono detta: andrà tutto bene, deve andare tutto bene, perché questa è la soluzione, non ce ne sono altre.
Allora come adesso, tante persone mi domandano se abbia mai avuto il minimo dubbio o la paura che qualcosa potesse andare storto o non funzionare: ebbene no, non l’ho mai avuto, mi sono imposta di pensare positivo sempre, anche quando magari la mia testa provava a spostarsi verso altre direzioni di pensiero, mi imponevo di non dare ascolto ai diavoletti vari ma di avere fiducia sempre.
Io e Luigi abbiamo questo di bello, che riusciamo sempre a non prenderci sul serio e a scherzare anche nelle situazioni drammatiche.
Come poter dimenticare l’arrivo in camera, ci avevano messo a disposizione la suite dell’albergo, era la stanza più grande e luminosa del reparto.
Luigi ancora non c’era, ma sarebbe arrivato a momenti. Io nel frattempo guardavo fuori e mi sembrava tutto più bello, sarà stato l’effetto della morfina (scherzo). E poi all’improvviso un tuffo al cuore: ho visto entrare anche lui tutto pieno di tubi e tubicini per il drenaggio,per l’ossigeno e il catetere, nonostante questo mi è sembrato comunque bellissimo.
Mi veniva da piangere dall’emozione, non potevamo ancora muoverci, quindi non ci siamo potuti toccare o baciare, ma averlo lì, con me, felice, sorridente, nonostante il dolore, una sensazione che non dimenticherò per tutta la vita.
Per me, ma penso di potermi esprimere anche a nome di Luigi, il trapianto è stato questo: un dono che io ho fatto a lui, ma sicuramente anche un dono che la vita ha fatto a noi dandoci la possibilità, con la compatibilità dei nostri gruppi sanguigni, di ricominciare a vivere.
È così che mi piace parlare di quello che c’è stato tra me e mio marito, non è mai stato un dovere, ma un atto dettato dall’amore dell’uno verso l’altro.
Questa è la nostra favola, scritta di getto e tutta d’un fiato, per fermare sulla carta sensazioni, sentimenti, ricordi, perché un giorno Donatella e Gabriele sappiano quanto è stato grande l’amore dei loro genitori, sappiano che il babbo si porterà sempre un pezzettino della mamma dentro di sé e, soprattutto, perchè imparino che non può piovere per sempre e che dopo la tempesta c’è sempre la quiete.
Sono passati solo nove mesi dal trapianto (adesso sono passati otto anni tre mesi e otto giorni), ma mi sembra un’eternità. Se ho deciso di scrivere queste poche righe è perché so cosa si prova di fronte a un scelta, a un bivio. La vita, normalmente, è incerta, insicura: in certe situazioni
non ci sono leggi matematiche che ti possono dare una risposta, le risposte che cerchiamo le dobbiamo trovare dentro di noi, nel nostro cuore.
A chi mi chiede se rifarei quello che ho fatto, rispondo senza esitazioni che quella è stata la decisione più importante e più sentita della mia vita, adesso possiamo dire che il decorso post operatorio mi sta dando ragione; la prima volta che io e Luigi siamo stati in ospedale per
vedere Gabriele di undici settimane ci sembrava impossibile andare a fare una visita, per così dire, di piacere...
Vederlo muovere dentro di me mi è sembrata la risposta più giusta a tutte le domande che in quei mesi mi ero fatta.
Non so se la scelta da me compiuta possa essere considerata, in generale, la più giusta per tutti coloro che possano trovarsi ad affrontare una malattia degenerativa. So che è stata la scelta più giusta per noi e sono sicura che la nostra maniera di affrontare i problemi è stata la marcia in più che ci ha permesso di non abbatterci mai, di camminare sempre a testa alta con la paura dell’oggi, ma con la speranza del domani.
Vorrei che questo racconto arrivasse al cuore delle persone che stanno soffrendo per dare una speranza di guarigione. Ogni volta che penso a questa malattia non posso fare a meno di ricordare la macchina della dialisi che, come ho già scritto ti lava il sangue, ma ti leva anche la voglia di vivere.
Non posso dimenticarmi delle persone in lista d’attesa che aspettano un organo che consenta loro di avere una vita normale, vita che sarebbe un diritto di tutte le persone che vengono al mondo, ma che
non tutti hanno.
E naturalmente spero che chi si trova di fronte a questa scelta non abbia paura, ma prenda esempio dalla mia storia per trovare il coraggio di aiutare un proprio caro, che sia un fratello, una sorella o un congiunto.
Sapere che il mio rene ha contribuito alla felicità di mio marito, della mia famiglia e soprattutto a dare la vita al bambino che ancora deve nascere (direi che adesso è ampiamente nato, altrimenti avrei battuto il record della gravidanza più lunga della storia) mi ripaga di tutto.
Mi sono privata di un organo ma arricchita nella qualità della stessa e dico questo ben consapevole del fatto che purtroppo non è detto che il mio rene duri per sempre, purtroppo non è come un diamante; siamo consci del fatto che potrebbe avere una durata di dieci, quindici, o magari tre anni. Quando Luigi mi ricorda questa cosa io gli rispondo che quello che gli ho dato è un super rene e quindi lo avrà per sempre, ma se anche questo non dovesse accadere so che quegli anni di
vita normale che sarò riuscita a donargli saranno per noi i momenti più belli di tutta una vita; rimpianti... mai.
A tutti quelli che soffrono dico di non smettere mai di sperare e di non smettere mai di credere nei sogni perché questi prima o poi si avverano.
Per quanto ci riguarda, Luigi è tornato a lavorare, allena sempre la stessa squadra che nel frattempo è stata promossa in serie A e io sono tornata al palazzetto, come avevo promesso, a fare il tifo per quel bellissimo mister, che finalmente ha ripreso possesso della sua panchina.
Irene Vella tratto da “Io se metto al mondo un figlio lo faccio alle 5,42”

giovedì 9 febbraio 2012

L'esercito delle food blogger



Quando si dice che le cose migliori spesso capitino per caso ( e come sottolinea il maestro Shifu di Kung Fu Panda: il caso non esiste...) vogliamo raccontarvi una storia che come le migliori favole comincia così:
C'era una volta una giornalista/cenerentola che era stata invitata ad un ballo, lontana da casa sua, dalla sua regione, dai suoi affetti, finalmente libera dai domiciliari, non era ancora ancora salita sul treno con il suo trolley carico di speranza che già saltellava cinquettando “ma vieni ma vieni....libera sono libera....”.
Provate voi a vivere in balia di due belve amorose e dudu e dadadà, tu che vorresti fare la giornalista di lavoro, ma che in realtà ti trovi costretta dalle necessità a fare la tassista per loro, quando arriva un invito che sia del principe azzurro, della strega cattiva, o dei migliori chef sulla piazza, non ti rimane che una cosa da fare: scappare, d'altro canto quando il lavoro chiama..chiama, è come il Natale: quando arriva arriva.
Così messi i primi due straccetti di voile che ti capitano sotto tiro (uno dei quali ancora con la targhetta attaccata) e un paio di decoltè tacco 12 in borsa, dimenticandoti delle calze, ma fregasega se fuori c'è -3. al massimo ti congeli, m'infilai in un treno dalla selva scura che la diritta via era smarrita (pure le citazioni dantesche tzè....).
Arrivata allo Sheraton diciamo che la giornata non era cominciata proprio sotto i migliori auspici una bella litigata telefonica in diretta con la mamma, mentre un'ignara food blogger all'interno dello stesso ascensore commentava così “ o speriamo che questa non sia la chef....è incazzata nera...”, fuori la nebbia dentro un giramento a elica che manco un motore a 350 cavalli.
Tutto ciò però si è magicamente volatilizzato nel momento esatto in cui ho varcato la soglia della mia camera e mi sono ricordata di essere lì per il ballo della sera, e soprattutto ho visto quel bellissimo vassoio con il bollitore e tutte le bustine di caffè solubile e le mie adorate pannine, così me ne sono sparate subito due tazze, caffeina più latte uguale love and peace forever.
E poi come un fulmine a ciel sereno, un raggio di sole mi sono apparse loro, tutte insieme, tutte magnificamente toscane, tutte superdotate di macchine fotografiche da paura e accessoriate di un sorriso scaldacuore: è stato amore a prima vista.
E che ci volete fare, diceva Vasco, non sarò normale, ma la voglia di fare qualcosa insieme (di culinario) mi è venuta subito, varcata la porta dell'ascensore con il vestito da principessa e le tette di fuori sono stata salvata dalla fatina rosa Laura Martelli che con un foulard di seta nero ha coperto le mie nudità svettanti e mi ha ridato la carica giusta per affrontare la serata.
E che serata, una tavolata così chi se la dimentica più...tra battute, risate, racconti di vita, Non ci resta che piangere, e Benigni e Troisi è nata un'intesa perfetta: Laura Adani, Aurelia Bartoletti, Simona Cherubini, Laura Martelli, Sue Ellen Mannori, Elena Policella e l'artista dei formaggi Paolo Pacenti: un matrimonio perfetto.
Tornata a casa mi è rimasta la voglia di ripartire e di fare qualcosa che ci potesse far incontrare di nuovo, nasce così il  nostro progetto segreto...fatto di spezie, di cioccolato e frutti di bosco, di peperoncino e cannella.....se volete conoscere il seguito basta solo aspettare vi stupiremo in libreria con gli effetti speciali :)

Si può piangere immaginandosi il primo bacio della propria figlia guardando il film Capodanno a New York? Se appartenete alla categoria delle mamme frignone sì, quelle che piangono ad ogni piè sospinto, alla pubblicità di Calzedonia, durante i cartoni animati ( ogni volta che mi ricordo la morte di Lady Oscar e di Andrè piango di nuovo...quando si dice basta il pensiero.)
Ebbene sì, qualche sera fa sono andata a vedere questo film, una di quelle commedie dolci che ti fanno credere che esista il lieto fine, e soprattutto che il principe azzurro vi stia aspettando, anche dopo un anno, rimasto folgorato dalla luce che solo i vostri occhi sanno sprigionare.
E non importa se sarete voi ad arrivare con la carrozza trainata da cavalli, e lui arriverà correndo, l'importante è che ci sia, perchè il principe azzurro è come il Natale: quando arriva, arriva, e non importa se lo farà in sella ad una mountain bike o ad un'agila scassata del 2000, l'importante è che vivrete a lungo felici e contenti.
E a cosa servono questi film se non a farci sognare? E lo dice una che vive di C.S.I, Criminal Minds e qualsiasi serie che nei dialoghi riporti una di queste parole: cadavere, omicidio, autopsia e sociopatico. ( a tal punto che, e qui apro e chiudo parentesi, mio figlio, lo gnomo ottenne, alle coccole adoranti di una, secondo lui, troppo solerte commessa, avendo indugiato a lungo su “uhh ma che bel bambino, ma che begli occhi azzurri..ma di chi sono di sono questi occhietti ecc....”, mi si è avvicinato all'orecchio sussurrando: “mamma posso dire una cosa alla dada?” ed io temendo fortemente le sue esternazioni ho chiesto che prima mi dicesse nell'orecchio cosa voleva dirle...risposta: “posso dirle che è una sociopatica?” sono rimasta orgogliosamente interdetta, volete mettere un'ottenne che associa la parola sociopatica ad una commessa che lancia gridolini come fosse una di quelle bamboline con il pulsante dietro la schiena?però ho anche pensato che tata Lucia ( quella di S.O.S. Tata) mi avrebbe sicuramente indicata come una pessima madre e sogghignando ho detto a mio figlio che quelle cose non si dicono..magari si pensano ma non si dicono)
Tornando a noi, nel film ci sono varie storie che si intrecciano, amori che partono, amori che arrivano, donne di mezz'età, rappresentate da una Michelle Pfeiffer che splende anche vestita da donna qualunque, e adolescenti alle prese con le prime paturnie e l'attesa del primo bacio.
E allora in me sono scattate due sequenze, la prima è stata quella di tornare indietro con la memoria, e di ricordarmi il mio primo vero bacio, quello rubato, non quello deciso a tavolino con il gioco della bottiglia, che c'era ai nostri tempi (mi sento molto anziana nel pronunciare questa frase).
Accadde una sera d'estate, nel mese di villeggiatura che passavo in montagna, avevo il permesso di rimanere fuori con i miei amici fino alle 23, (avevo già quindici anni eh, mica come ora che vogliono già tornare alle 2, ma col cavolo che ci tornano...), c'era un ragazzo di La Spezia, più grande di me di un anno, si chiamava Maurizio, mi sembrava bello come il sole, se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire il suo odore.
Nonostante l'età da teen ager i nostri giochi erano ancora nascondino, ma fu proprio durante la ricerca di un nascondiglio che arrivò il mio primo bacio, da film, Maurizio mi appoggiò al muro di una specie di grotta naturale e attaccò le sue labbra alle mie aprendosi un varco con la lingua e tenendo la mia testa tra le sue mani, cinque interminabili minuti, poi l'incantesimo finì, e noi tornammo al nostro gioco come se non fosse accaduto nulla, ma nulla sarebbe stato più come prima, ero stata baciata per davvero.
La seconda sequenza invece è stata quella di immaginare il primo bacio di mia figlia, nel film c'è la figlia di Carrie (lo so che l'attrice è Sarah Jessica Parker, ma lei per me è Carrie sempre e comunque) che vuole andare a festeggiare il capodanno a Times Square perchè sa che lì il suo ragazzo del cuore la bacerà per la prima volta.
Tra paturnie varie della madre, ci vai non ci vai, lei decide di scappare e di andarci lo stesso, quando arriverà lui starà baciando un'altra (ma non per scelta) e lei correrà a leccarsi le ferite dalla mamma che prontamente è dietro di lei.
Ma quando si chiarirà il malinteso lui le stamperà un bacio con i controfiocchi, e io lì mi sono messa a piangere come una fontana, ho immaginato la mia teen ager (ha tredici anni quindi lo è a tutti gli effetti) alle prese con il primo “moroso”, le volte in cui le sanguinerà il cuore fino a credere di esserselo spezzato, e le volte in cui sarà talmente colmo di gioia da rischiare di scoppiare.
Ho riflettuto, immaginato mille modi per proteggerla, per evitarle il dolore, ma poi ho pensato al mio primo bacio, al ricordo che ancora mi porto dietro e al suo odore, ho rivissuto quei cinque interminabili minuti che mi trasformarono in donna, e ho capito che se voglio che mia figlia sia felice devo lasciarle vivere la sua vita, perchè è la sua, non la mia.
Soffrirà, cadrà, si rialzerà, ed io sarò lì, per fare in modo che un domani possa ricordarsi ogni sensazione, ogni lacrima, ogni sorriso, e che un giorno possa raccontarle a sua figlia, come io farò con lei, se me lo dovesse chiedere.
La lascerò libera, perchè se ami davvero qualcuno lo devi fare, ma sarò alle sue spalle come Carrie nel film per consolarla qunado penserà di aver finito tutte le lacrime.
Perchè figlie si nasce, mamme si diventa, anche sbagliando, ma con amore, perchè è solo grazie a quello che saremo libere.
Irene Vella

martedì 7 febbraio 2012

Il razzismo ai tempi della crisi


Ieri mio figlio di otto anni all'uscita da scuola mi ha detto con orgoglio.
“ sai mamma domani è il giorno della memoria..” ed io gli ho chiesto “ davvero? E cosa si ricorda?”
mi ha risposto così “ una guerra dove sono morte tante persone perchè qualcuno aveva detto che erano diversi e non andavano bene...” e allora gli ho raccontato questa storia.
Quando avevo all'incirca sei anni (era il 1976) frequentavo una classe piena di Barbara, il mio nome spiccava tra tutti gli altri, c'era un'unica e sola Irene: io.
E questo mi stava stretto, così decisi di cambiarmi nome, e firmavo i miei compiti con Barbara(tra parentesi Irene) Vella. Crescendo mi sono innamorata del nome Selvaggia, soprattutto del significato che mi trasmetteva, mi dava un senso di indomabilità, come il telefilm “nata Libera”, che tu però non conosci.
Appena scoperto che in realtà il mio vero nome in greco significava pace, e che di secondo e terzo nome i nonni mi avevano messo Chiara e Serena fu abbastanza lampante che i loro piani nei miei confronti erano ben diversi.
Ad un certo punto della mia vita ho capito che il mio nome così' diverso da tutti gli altri, mi piaceva, non correvo il rischio di essere confusa con altre, ero diversa e finalmente consapevole e felice della mia unicità.
E' grazie a loro se ho fatto mio il pensiero “il diverso siamo noi”.
Ricordo la mia infanzia insieme a ragazzi brasiliani, i marocchini che venivano a bussare alla porta e il nonno che li faceva entrare, chiedeva alla nonna di preparare il caffè e di portare i biscotti.
Poi si metteva seduto al tavolo tondo del salotto buono e con la cartina geografica davanti si faceva spiegare da quale paese lontano arrivassero e guardava le foto stropicciate dei loro figli tirate fuori da portafogli di carta.
Mio figlio non ha fatto una piega mi ha guardato e mi ha chiesto: “ e non avevi paura che ti attaccassero i pidocchi?” io inorridita ho chiesto spiegazioni.
Mi ha risposto che in classe sua i compagni gli hanno detto che i pidocchi li hanno portati gli extracomunitari, quelli con la faccia colorata, perchè non si lavano.
Ho spiegato che queste informazioni sono frutto dell'ignoranza, perchè le persone ignorano quale sia la realtà, e che anche noi italiani siamo stati extracomunitari, e che forse ce ne siamo dimenticati. Mio figlio ha annuito e ha ripreso a giocare.
Però ormai il mio cervello si era messo in moto, i miei pensieri hanno proseguito da soli.
In classe di mia figlia c'è una bambina ucraina splendida, si chiama Angelica, ha dodici anni, vive con la nonna, è stata mandata in Italia nella speranza di un futuro migliore.
Non l'ho mai vista partecipare ad una festa di compleanno quando ho chiesto il motivo mi è stato risposto: “ non la invitano, perchè non c'è nessuno che la può accompagnare, e poi dicono che tanto lei non capisce la lingua.”
Alla festa di mia figlia sono andata a prenderla di persona, la nonna ha voluto per forza che entrassi in casa, mi ha voluto conoscere, visto che mi affidava la nipotina.
Per tutta la serata ho visto i suoi gli occhi sorridere, voleva sdebitarsi per averla invitata, cercando di aiutarmi a mettere a posto, mentre gli altri bambini (italiani) ditruggevano i festoni e urlavano.
Al cinema ha capito tutti i dialoghi (alla faccia di quelli che dicevano che non sapeva l'italiano).
Quando la sera l'abbiamo riaccompagnata a casa, la nonna non smetteva di ringraziarmi, e lei non smetteva di sorridere.
Il 27 gennaio è il giorno della memoria, si ricorda lo sterminio del popolo ebreo, e la liberazione del campo di Auschwitz.
Ma il razzismo e l'ignoranza vanno ricordati e combattuti tutti i giorni.
Perchè il diverso non esiste.
Il diverso siamo noi.
Irene Vella

La guerra delle mamme


Pochi giorni fa ho letto un articolo intitolato così “E'scoppiata la guerra delle mamme, quelle che lavorano detestano quelle che stanno a casa, le sposate odiano le separate e viceversa. Chi vince? Per ora i papà.” Tanto per sottolineare il preconcetto che le donne non sappiano far gruppo.
All'inizio è stato un post anonimo arrivato di mattina: «Ehi, mamma lavoratrice: non ho nessuna intenzione di socializzare con la tua babysitter». Urbanbaby (portale americano) l’ha pubblicato fra i tanti, ignaro di pubblicare una bomba a orologeria . Quella frase buttata lì, infatti, era la dichiarazione ufficiale di guerra delle Sahm (Stay at Home Moms) alle Wohm (Work Outside Home Moms), delle mamme casalinghe alle mamme lavoratrici. Che non hanno tardato a replicare: «Mandiamo al parco le tate per non socializzare con tipe come te. Fatti una vita, nullità».
Ma provate voi ad essere una mamma/lavoratrice, ma non a tempo pieno, con orari flessibili, single durante la settimana, sposata nei fine, con due figli a carico, senza aiuti parentali, ma dotata di donna delle pulizie, e a vivere in una città di provincia: si scatenerà l'inferno.
Sono mamma di due bimbi, di lavoro vorrei fare la giornalista, dico vorrei perchè spesso le altre mamme dopo avermi chiesto cosa faccio nella vita, ed io aver risposto fiera “la giornalista”, mi sento ribattere “ah bello, e di lavoro cosa fai?”.
Sono anche una di quelle ritenuta fortunata dalle altre perchè dotata di un maschio e una femmina, che viene prontamente rimarcato con esclamazioni tipo “uhhh che bello hai fatto la coppia...la bimba per il babbo, e il bimbo per te, ehhh si sa i maschi per la mamma hanno un debole...” e via di luoghi comuni e non ci sono più le mezze stagioni, si stava meglio quando si stava peggio ecc....
Poi dopo avermi visto sola con le due belve più e più volte, si sono chieste se fossi separata, una si è spinta anche oltre, una mattina mi ha fermata chiedendomi “ cara, ma sei vedova?”, il marito, avvertito al telefono si è toccato prepotentemente i gioielli di famiglia, sottolineando il gesto con imprecazioni di vario genere.
Tutto questo perchè le due fazioni sposate/separate casalinghe/lavoratrici dovevano collocarmi, ed eventualmente tagliarmi fuori o dalle cene familiari o dalle feste in discoteca.
Grazie ad un'amica separata infatti ho scoperto che le sposate temono le separate come Superman la criptonite, e le temono ancora di più se gnocche e magre, anche se dimagrite di recente, poi se portano tacco 12 e smalto rosso sono sicuramente zoccole, quindi alla larga dai mariti.
Ho anche saputo che uno dei mariti dopo aver parlato più di dieci minuti con una mamma separata con nonchalance le ha detto “sai adesso devo andare via perchè altrimenti lo potrebbero dire a mia moglie..” (da notare che erano fuori dalla scuola insieme ad altri cento genitori.)
Scoperto che non sono separata, né vedova, ma solo che il marito lavora fuori, e torna per il fine settimana, si sono sprecati i “uhhh poverina..”, ma ho avuto il lasciapassare dalle sposate perchè dotata di compagno, e dalle separate perchè sono simpatica e anticonformista.
Ancora però non riescono a collocarmi dal punto di vista lavorativo, non ho orari, come le casalinghe, ma devo tornare a casa a scrivere, perchè ho delle scadenze, anche se non timbro il cartellino.
Apriti cielo quando si è saputo che per due giorni alla settimana ho una ragazza che mi aiuta nelle pulizie: “ ma a che ti serve?tu stai a casa...” e che compro la pizza o vado al Mac Donalds quando non riesco a cucinare: vade retro cibi pronti, la spesa si fa solo al mercato bio, e il menù si decide la domenica per tutta la settimana così ci si porta avanti.
Mi sento nel limbo in eterna lotta tra le casalinghe e le workwomans.
Domani per non fare torto a nessuno mi metto lo smalto rosso, le ballerine, cucino una bella torta di mele e la offro ai genitori davanti a scuola.
Al massimo diranno che soffro di solitudine e cinguettando “poverinaaa” mi adotteranno entrambe.
Irene Vella



lunedì 6 febbraio 2012

Da piccola volevo fare l'archeologa


Da piccola volevo fare l'archeologa, complici i miei genitori insegnanti, che mi facevano passare le ferie a visitare tutti i musei, italiani e nel mondo.
Erano stati proprio bravi, pensavo che non ci potesse essere altro modo di passare le vacanze, anche quando a quattoridici anni in Messico, mentre visitavamo gli scavi di Tulum di fronte alla maestosità dell'oceano cristallina, rimasi abbagliata dalla sabbia bianca, dai colori della vegetazione che mischiavano sapientemente il tutto da sembrare finti.
A quel punto chiesi timidamente “mamma posso fare il bagno?” entrambi si girarono quasi inorriditi: “ no amore ci sono gli squali, poi l'acqua è fredda, non hai il costume e hai appena mangiato”.
Sdeng sdeng e triplo sdeng, forse la mia carriera di futura archeologa si è fermata lì, e nessuno si stupisca se poi i miei figli siano nati con parto naturale in una vasca tipo pesciolini, facciano il bagno tutto il giorno, anche appena mangiato, e pure in mutande.
Forse sono una pessima madre, ma il loro sorriso mi racconta una realtà differente, forse come diceva qualcuno più bravo di me “per essere indimenticabili bisogna essere diverse” ed io lo sono, questo è poco, ma è certo.
Sono una mamma in rosa, in mezzo a tante mamme grigie, cerco di portare un tocco di colore e di calore in mezzo alla nebbia mattutina, nel senso che le mie mise fanno luce, tanto sono colorate a volte, ma che ci posso fare, dopo tanti anni di nero, ho capito che la mia vita è un arcobaleno e mi sono adeguata.
A trentaquattro anni ho avuto l'illuminazione sulla via di Damasco, dopo essere stata assunta a tempo indeterminato alla Vodafone, ho capito che da grande volevo fare la giornalista, e così per la gioia dei miei genitori al grido “la vita è mia e me la gestisco io” ho presentato una bella lettera di dimissioni, mi sono trasferita in Romagna, da Pisa, e come se non bastasse nel mentre ho ceduto un rene a mio marito in comodato d'uso, ma questa è un'altra storia.
Mi sono trasferita per amore, ma in realtà era già tutto scritto, perchè come dice il maestro Schifu di Kung Fu Panda “il caso non esiste”, mi sono presentata alla redazione di un noto quotidiano, e con il mio bagaglio di bimamma monorene, moglie e pure padrona amorevole non di uno, bensì di due labrador Ivo e Margherita, ho esclamato “voglio collaborare con voi, anche gratis” il mio caporedattore sogghignando ha risposto “non lo dire troppe volte sennò ti credono” e così su due piedi mi ha dato una possibilità.
Un pezzo per la prima copertina del giorno dopo sul superenalotto, mi sono girata con la mia agilina tutte le tabaccherie tra Cesenatico, Cervia e Milano Marittima, imbastendo un'inchiesta che manco Report avrebbe saputo fare di meglio, e la mattina dopo alle 7 ero davanti all'edicola per annusare le 2500 battute sulla carta stampata con la mia firma: il primo articolo non si scorda mai.
Sono rimasta al quotidiano quattro anni, mentre la prole cresceva, e da cuccioli i miei figli diventavano piccole belve padroni supremi di ogni mia ora o mio spazio libero, al grido “trema trema ci hai voluto ora ci porti sulla schiena” hanno fatto evolvere il mio lavoro di freelance, in “tassinara” a tempo piano, scrittrice nei momenti liberi. (nel mentre il padre, allenatore di professione, ha fatto evolvere il suo lavoro fino in Veneto, quindi sono rimasta da sola agli arresti domiciliari con i miei figli in Romagna.)
Sono certa lo abbiano fatto per farmi apprezzare la gioia dei piccoli minuti ritagliati per me, o per farmi crollare nel letto alle 2015 felice di possere un telecomando e soprattutto skymultivision in modo tale da poter almeno guardare tutti i Bones, Grey's Anatomy, CSI in santa solitudine.
Per modo di dire perchè ad una certa ora di solitudine nel lettone non se ne parla proprio, e al telefono con il marito si sentono dire " sono stanco" e tu accenni "anche io guarda" e lui ti dice " sì ma almeno tu non sei da sola." hai ragione nel lettone siamo in tre a volte anche in cinque se Ivo e Marghe vengono a trovarci, e a volte non sai neanche di chi è quel piede che stai ciucciando, quindi scusa."
Ma nonostante tutto non mollo, continuo imperterrita a mettermi il mio montone rosa per andare a prendere mia figlia adolescente a scuola, che vergognandosi si nasconde, e la ritrovo dopo che sono usciti tutti.
Continuo ad andare dal parrucchiere nonostante che mio figlio, lo gnomo, in un solo giorno abbia fatto una strage “ ehi mamma, ma perchè questa signora vicino a te è così tanto brutta?” e ad un'altra abbia detto: “cioè ma ti rendi conto che sei uscita con i capelli verdi?”
Sono fiera dei miei figli, soprattutto della loro diversità, nello stesso tema, con la stessa maestra, dovevano accendere tre fiammeri per esprimere tre desidere: la grande a suo tempo aveva scritto: “ accendo il primo fiammero per avere la pace nel mondo, il secondo perchè nessuno muoia più di fame, e il terzo perchè mio papà stia sempre bene”, lo gnomo ha risposto così “ il primo fiammifero lo accendo per diventare ricco, il secondo per comprarmi i Monster Track, il terzo per diventare famoso e entrare dentro la televisione.” e alla mia affermazione: “ ma amore i soldi non fanno la felicità.” mi sono sentita rispondere così “ lo so mamma, ma infatti io divento ricco così mi compro i Monster Track e dopo sono felice.”.
Ma io non molto sono Irene Vella, di professione faccio la mamma tassinara, nel tempo libero sono una giornalista free lance povera.